Sovradiagnosi e troppe neoplasie avanzate
Negli Stati Uniti, l’introduzione degli screening mammografici si è associata a un raddoppio del numero di casi di tumore ai primi stadi scoperti mediamente ogni anno, passati da 112 a 234 ogni 100.000 donne. Parallelamente, il numero di donne con tumore in fase avanzata è sceso da 102 a 94 casi, sempre per anno e per 100.000 donne. Questo significa che, dei 122 casi in più scoperti, solo 8 si sarebbero evoluti verso forme avanzate della malattia. Dopo aver escluso l’effetto transitorio associato alla terapia ormonale sostitutiva, Bleyer e Welch stimano che il cancro al seno risulti sovradiagnosticato, ossia che lo screening porti all’individuazione di tumori che non sarebbero mai evoluti tanto da diventare sintomatici. Restringendo l’analisi a un solo anno, il 2008, e considerando unicamente gli Stati Uniti, la sovradiagnosi avrebbe interessato 70.000 donne, il 31% di tutte quelle che hanno ricevuto una diagnosi di cancro al seno; prendendo in considerazione gli ultimi tre decenni, il numero sale a un milione di donne americane. Nello stesso periodo, la mortalità per questa forma di tumore è notevolmente diminuita: tra le donne ultraquarantenni, la riduzione è stata del 28% passando da 71 a 51 decessi ogni 100.000 donne. Secondo gli autori dello studio, il calo di mortalità è dovuta alla combinazione di due effetti: l’entrata in uso degli screening sistematici e un trattamento più efficace.
«Tuttavia – riferiscono i due americani – i pericoli connessi alla sovradiagnosi, benché difficili da stimare, sono probabilmente maggiori di quanto riconosciuti finora. Anche se nessuno può stabilire con certezza qual è il loro numero, è però certo quel che accade a queste donne: terapia con radiazioni ionizzanti, terapia ormonali per almeno cinque anni, chemioterapia o, spesso, una combinazione di questi trattamenti, a fronte di anomalie che non avrebbero causato alcuna malattia».