La storia, la memoria, siamo noi.
Potremmo meglio dire “le storie siamo noi”, ossia abbiamo tanti modi sfaccettati di ricostruire le tracce del nostro passato, tanti quanti sono le possibili narrazioni nel momento in cui le riportiamo alla memoria,      depositandole su un foglio o porgendole a qualcuno. Ogni volta possiamo riscrivere e raccontare episodi e periodi già vissuti, intrecciati a emozioni di allora, stati d’animo e della mente, bisogni e piaceri        dell’oggi.
I fatti della vita diventano una storia o mille storie nel momento in cui usciamo dal vortice caotico di pensieri e emozioni di cui i nostri sensi sono ebbri mentre ci stiamo dentro, e andiamo a raccontarli, li poniamo fuori dalla nostra testa.
Così ci ritroviamo, condividiamo, ci prendiamo cura di parti di noi stessi, di vecchie ferite o di importanti conferme.
Ridiamo ordine a quei fili esili e ingarbugliati, a volte confusi dal bisogno o dall’abitudine di vederli solo da un punto di vista. Diamo loro un posto nella relazione fra i movimenti della nostra anima, le scelte fatte, i contesti di realtà.
Sono azioni in grado di dare nuovo respiro a quella narrazione e possibilità di significati diversi, più ampi.
La memoria combacia con la nostra stessa identità. Travalicare tragitti e segmenti di ricordi sparsi per        trovare una connessione armoniosa fra di essi può condurci a riscoprire un senso più esteso della nostra    esistenza come parte della memoria del tutto.
Da una goccia d’acqua, di brina o d’oceano, alle lacrime di un bambino in un qualsiasi angolo del mondo, tutto e tutti conteniamo e ricordiamo un’unica appartenenza alla vita.
Ritrovare queste risonanze, grazie al corpo che non dimentica, allo spirito che urla dal cuore, ai sensi che amplificano la nostra materia, ci aiuta a stare in salute.
Il ricordo è un modo di incontrarsi” ha scritto Gibran. Incontrarci nel nostro dialogo interiore, nella       condivisione della narrazione e mi piace pensare persino nello spazio di queste pagine che ci richiamano insieme intorno a un comune tema.
L’oblio è una forma di libertà”, è sempre Gibran a dirlo. Perché dopo aver riconosciuto la nostra identità di individui, l’oblio può farci incontrare, anche immemori di dettagli “finiti” e di ciò che ormai abbiamo fatto nostro nell’essenza, in quell’unica libertà che è perdersi dentro la Vita.